da:"Opere - Scritti postumi" di Ennio Flaiano. ed.Classici Bompiani.
La disattenzione è il modo più diffuso di leggere un libro, ma la maggior parte del libri oggi non sono soltanto letti ma scritti con disattenzione. Oppure con un'attenzione che fa parte dell'intesa autore-lettore. Si legge come si fuma, per tenere occupate le mani e gli occhi. Libri già cominciano a trovarsi abbandonati sui sedili dei treni. Sono stati letti per abitudine, per noia, per orrore del vuoto o di se stessi. Tra i vizi, la lettura, come diceva Valery Larbaud, è il vizio impunito, ma in certi casi smettere di leggere come di fumare può evitare gravi conseguenze.
Si può anche leggere un libro per sospetto e invidia. In questo caso il libro è troppo attraente, si pensa che avremmo potuto scriverlo addirittura noi e guadagnare fama e denaro. Bisognava soltanto pensarci. Si tratta di libri che ottengono grande successo, i "meglio venduti". Di solito centrano un falso problema, una situazione di moda, un punto di interesse e di attualità. Si fanno leggere, ansiosamente, con rabbia, e infine per poter continuare a dubitarne, ma anche per scoprire il segreto della loro gradevolezza. Dopo un paio d'anni, molti di questi libri, quando uno se li ritrova negli scaffali, ha voglia di buttarli via. Il fatto è che sono diventati brutti anche esteriormente, non hanno saputo invecchiare bene. Anzi sono la prova che la bellezza di un libro come oggetto non può prescindere dal suo contenuto. Non c'è infatti sopruso maggiore di un libro stupido rilegato lussuosamente.
Il terzo modo di leggere un libro è il più semplice, ma è proprio dei grandi lettori. Si acquista con l'età, l'esperienza, oppure è un dono che si scopre in se stessi, da ragazzi, con la rivelazione delle prime letture. Si tratta di non abbandonare mai "quel" libro, di lasciarlo e riprenderlo, di "andarci a letto". Ma poichè questo modo è suggerito soltanto dai grandi autori, col tempo si resta circondati soltanto da ottimi libri. E si diventa perfidi, si arriva a capire un libro nuovo ad apertura di pagina, a liberarsene subito. E se invece il libro convince, a lasciarlo per qualche tempo sempre a portata di mano, sul tavolo o sul comodino, poichè la sua sola vista procura un vero piacere, nè si teme di finirlo presto: lo scopo di questi libri e infatti di essere riletti, di farsi riprendere quando tutto va male, quando ci sembra che la verità possa esserci confermata non da quello che succede intorno a noi, ma da quello che è nelle pagine di un libro.
Tutti i grandi libri sono stati letti e continuano ad essere letti così. E' più esatto dire che non si tratta di leggerli, ma di abitarli, di sentirseli addosso. Facendone il conto, ognuno trova che i suoi si riducono a un centinaio, largheggiando. E molti di essi hanno aspettato anni e anni prima di essere ripresi, in un giorno di particolare disgusto esistenziale. Ma è la loro forza.
["Corriere della Sera", 27.1.1972]
Per chi ha la passione dei libri è difficile non essere d'accordo con Flaiano, specialmente oggi che l'editoria ha applicato il criterio "usa e getta" anche a molte collane.
Personalmente ho sempre trattato i miei libri come amanti. Ci ho dormito insieme per anni, svegliandomi in piena notte, accendendo la luce e riprendendone uno in mano. Qualcuno ne fu persino geloso, e forse non a torto.
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mercoledì, novembre 21, 2007
NAPOLI CHE MUORE (137): Flaiano, mon amour: libri
Pubblicato da Ueuè alle 4:40 PM 14 commenti
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