Ho avuto molte famiglie. Famiglie che sono durate un giorno, una notte, tre mesi, cinque minuti. Non sono state famiglie omologate, legiferate, burocratizzate, e nemmeno sacralizzate. Ma sono state famiglie. Capita che qualcuno ce la distrugga, la famiglia, capita di separarsi, e magari di rifarsi anche una vita, come si suol dire, e quindi di perdonare chi ci ha fatto soffrire, di perdonare sino a dimenticare. Ma forse non si trattava di una vera famiglia. Perchè una vera famiglia, anche se dura cinque minuti, non si dimentica. Porto un piccolo fiore nella mia patente, una minuscola margherita, una pratolina. Mi fu donata da una bambina in un momento in cui tutto l'universo mi stava crollando addosso, in un momento in cui Dio non c'era ed io avrei vigliaccamente preferito morire anzichè trovarmi dentro tutto quel dolore. Quella bambina fu la mia famiglia per cinque importantissimi ed indimenticabili minuti. Una notte di Natale la mia famiglia fu un ragazzo iraniano fuoruscito dal suo Paese per motivi politici. Piangeva come un bambino al telefono mentre mi narrava che aveva corso tutto il giorno come un forsennato per le strade di Napoli, per sfiancarsi e non tormentarsi col ricordo di sua madre. Voleva andare a gettarsi sul pagliericcio nella stamberga in cui viveva, e dormire per non pensare. Gli proposi di preparare a casa mia una cena iraniana. Venne a prendere i soldi, andò a fare la spesa, e la sera di vigilia, anzichè il pesce e l'insalata di rinforzo, mangiai un agnello viola perchè era stato cucinato con i semi triturati dell'uva nera. Parlammo del suo Paese, della sua ideologia comunista, del perchè i mussulmani possono avere quattro mogli, parlammo di sua madre, del tocco della sua mano di quando lui aveva la febbre, dei suoi biscotti all'anice. Parlammo del suo Dio e del mio, e ridendo chiedevamo perdono ad entrambi, lui perchè beveva il vino, io perchè mangiavo la carne la sera di vigilia. Ed eravamo una famiglia. Quando un avvocato, dopo avermi fatto perdere una causa per una sua inadempienza, mi spedì una parcella criminale di quarantadue milioni che non avevo, il marito di Svetlana fu la mia famiglia. Disse:"Ho cinque milioni sulla banca. Prendili." E anche se non li presi, quei cinque milioni di Salvatore divennero miliardi per me. Perchè lui era lì, ed era la mia famiglia. Una volta ho avuto una famiglia ch'è durata tre mesi. In una corsia c'era un bambino che urlava perchè rivoleva la gamba che gli avevano amputato al mattino a causa di un tumore. Accanto a lui c'era una mamma distrutta da sette anni di notti trascorse su una sdraio inutilmente negli ospedali. Riuscii a dargli il calmante che i medici gli negavano, lo feci comprare in farmacia e glielo diedi di nascosto. Al mattino sorrideva, perchè il cerchio del suo dolore s'era rotto, ed io ero una novità nella sua vita. I bambini non ci vuole niente a distrarli. E poi siamo andati insieme a Bologna, e al Rizzoli gli hanno fatto un arto artificiale che non provocava decubiti. E così lui ha potuto finalmente andare a scuola, e sua madre mi disse che giocava persino a pallone. E come non credere che siamo stati una famiglia? Un giorno accadde che nel Policlinico s'era sparsa la voce che un bambino da me molto amato stava male, tanto male che sarebbe morto. Mi fermò nel corridoio una mamma che reggeva un figlio di otto mesi. Mi narrò che aveva partorito due gemelli, uno sano l'altro malato.
"Conosco il suo dolore" disse "sono otto mesi che vivo nello strazio." Il mio dolore era gelido e non avevo voglia di condividerlo, non avevo voglia di parlare. Ma lei mi sciolse col suo fuoco:"Io lo darei questo figlio" disse "pur di salvare il suo". Il pudore mi impedì di inginocchiarmi, ma quella donna fu una vera famiglia per me. Alessandro lo conoscevo di vista, era un bel ragazzo
che s'era abbrutito col gioco, i parenti s'erano stufati e lo avevano cacciato di casa. Si diceva che vagasse nella villa comunale con la barba di tre giorni e il colletto della camicia sudicio, si diceva che parlasse da solo. L'ho aspettato a piazza Vittoria, all'entrata della villa, l'ho rincorso, gli ho infilato metà dei miei soldi nella tasca della sua bella giacca strapazzata. Mi guardava stupito. Non mi conosceva. Ma eravamo una famiglia. Credo che tutti abbiano storie di famiglia da raccontare. Ci sono anche quelli che non la vogliono una famiglia, quelli che ti mandano a fanculo perchè hai pochi soldi, non sei figo e non conti. Quelli che ti incolpano del loro dolore, del loro fallimento, e ne fanno un fatto politico. E non ti ascoltano. E non sempre dove c'è famiglia c'è amore. Ma sicuramente dove c'è amore c'è famiglia.---------------------------------------------
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Ah, dimenticavo, anche i miei quattro cipressetti sono la mia famiglia. Io li nutro, li proteggo, li curo e li difendo, e loro crescono e diventano sempre più carini per farmi piacere.
giovedì, maggio 10, 2007
NAPOLI CHE MUORE(49): Famiglie.
Pubblicato da Ueuè alle 9:51 AM
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14 commenti:
....Anch'io sono un pezzo di una tua famiglia..
e provo anch'io ogni giorno a crescere i miei due bellissimi cipressetti....
La tua falsa riga è scolpita in ogni piega del mio carattere, in ogni ruga spezzata del mio viso, in ogni ricordo comune che emerge improvviso inaspettato beffardo a complicare quel percorso quotidiano che mi porta a credermi HOMO NOVO dimenticando troppe volte ciò che di te ho sempre rifiutato... e continuo a cercare,scrutare, sfatare, stabilire,leggere,credere,perdonare,ascoltarmi ed infine arrendermi a quella nota musicale sospesa e potente da me partorita che non ho saputo significare per te,per me , per noi.......dietro quell'albero immenso,immanente,irrangiugibile
si nascondeva la tua foresta................
Ora sono qui, dietro quell'albero che ho coltivato anch'io , che mi nascondo affacciandomi talvolta sorpreso a spiare le tue meravigliose due stelle......
......Ti voglio bene Ueuè.........
Dopo averti letto mi sento come se mi fosse passato addosso un rullo compressore. E il bello è che non so spiegarmi il perchè.
Ave...
Le persone sono pronte a stupirti quando meno te lo aspetti. L'Uomo è l'animale più bello e brutto insieme, il più sorprendente.
Non riesco a dire altro, le parole mi si strozzano nella mente.
yiChiunque tu sia,Ueuè, che Iddio ti benedica.
Anch'io mi sento parte della tua famiglia.
Sei una mina vagante, Ueuè
Ci sono anch'io, ma senza parole innanzi alla tua efficacia.
E quelli domani vanno a berciare e a farsi i dispetti nelle piazze! Non hanno capito niente. Non hanno capito un cazzo! Abbasso la politica!
prova
famiglia è ovunque nasce il sorriso di un bambino..anche di quello che ognuno di noi si porta dentro.
"Amore è riso che risuona in fondo allo spirito.
E' impetuoso assalto che ti rende muto al risveglio.
e' un'alba nuova sulla terra, un giorno non ancora compiuto ai vostri occhi e ai miei ma già compiuto nel suo cuore più profondo."(Gibran)
Che l'amore sia la sola cosa, è la sola cosa che sappiamo dell'amore; tanto basta, il carico dev'essere proporzionato al solco.
(Emily Dickinson)
m'hai fatto spartere o' core, Ueuè
Ciao. Mi hai lasciata senza parole!
In tutta franchezza è accaduto anche a me dopo che ho pubblicato questo post. Perchè fino a quando le esperienze ti restano dentro appartengono al dominio dei tuoi personali ricordi. Ma quando le oggettivizzi scrivendole, nel leggerle poi resti stupito come fossero accadute ad un altro.
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