lunedì, febbraio 26, 2007

NAPOLI CHE MUORE (34):Mondo precario

Chissà perchè quando si parla di mondo precario si pensa subito e soltanto al mondo del lavoro e ai contratti a termine. Mi si dice che è quello che ha più i caratteri di urgenza perchè impedisce alle nuove generazioni di progettarsi un futuro. E se questo è indiscutibile, rispetto al modello che ci hanno passato i nostri genitori, è però anche limitato al nostro personale istinto di sopravvivenza che ci fa dimenticare tutto il resto. Visto che abbiamo un Governo precario, un clima precario, un commercio precario, famiglie precarie, sicurezza precaria, assistenza sanitaria precaria e alimentazione importata precaria. E ammesso che tutto questo rappresenti comunque per noi la pace e la democrazia, diversamente da altri luoghi del mondo dove infuria la guerra, anche la nostra personale pace democratica peninsulare è molto, molto precaria. Nè una dimostrazione di piazza potrà renderla, purtroppo, più stabile e sicura. Ci hanno insegnato a scuola che ci sono quattro elementi: terra, aria, acqua e fuoco. ma poi, vivendo, scopriamo che ne esiste un quinto di cui nessuno parla, se non per rivendicare il diritto ad un posto fisso, ed è appunto la precarietà. Quando eravamo piccoli le favole ci facevano sognare, le favole che finivano col "... e vissero felici e contenti per tutta la vita". Ma ci è stato tolto anche quello, ed è stato sostituito con un bel "... e così anche loro si fanno di droga".
Precaria è Biancaneve che prima o poi dovrà ricorrere ad un chirurgo plastico. Precario è Cappuccetto Rosso che, se pure riuscirà a sopravvivere dopo l'intervento di laparatomia che lo avrà estratto dalla pancia del lupo, si farà le canne e si armerà di mitraglietta per attraversare il bosco. Precario è Pinocchio che, dopo aver fatto il salto evolutivo che l'ha trasformato da burattino in bambino, dovrà affrontare l'Aids, l'influenza aviaria, il bullismo dei compagni di scuola, il lavaggio del cervello delle ideologie politiche, le lusinghe della pubblicità, adulti che vogliono farlo fuori e i pedofili di merda. E se pure ce la farà a raggiungere la maggiore età e un posto fisso dovrà ineluttabilmente imparare a convivere con altre precarietà. Si dice che non facciamo più figli perchè il lavoro precario non ci dà le necessarie garanzie per crescerli. Ma questa, ancor più che demagogia, è una bella tautologia. In alcuni Paesi del terzo mondo in cui manca tutto, persino l'acqua, o di acqua ce n'è troppa e allaga tutto, non esiste il problema della riproduttività, nè quello del lavoro precario e nemmeno quello delle pensioni, e il tenore di vita è così basso che l'unico modo di sopravvivere è quello di riprodursi e continuare ad esistere in un altro.Un antropologo d'assalto con vocazioni suicide potrebbe organizzare lì una marcia contro l'anoressia e la bulimia! Ma noi non facciamo più figli perchè siamo stufi di vederli soffrire e perdersi, i nostri figli, siamo stufi di vederli sottoposti a tanti pericoli, di vederli vivere senza motivazioni costruttive che siano valide per tutti, siamo stufi anche di venire accusati d'essere cattivi genitori che non hanno saputo ascoltarli ed educarli. Educarli a che? Alla legge della giungla? Ad un mondo in cui i reati contro il patrimonio sono molto più gravi e perseguibili di quelli contro la carne umana? Altro che fare figli! Possiamo soltanto tentare di sanare la ferita che qualche imbecille ha inferto nella nostra vita o in quella di qualcuno che incrocia il nostro destino. E ciò ci farà sentire solidali, pacifisti, e magari anche migliori. Ma che nessuno mi venga a dire che questo rende la vita più bella. Perchè la cicatrice di quella ferita che abbiamo sanato, a chiunque appartenga, ce la porteremo comunque dentro per il resto dei nostri giorni, e potrebbe anche farci diventare cattivi, bruciarci le sinapsi di droga, coprirci la faccia con un passamontagna e armarci la mano. Ed anche se continuassimo a dichiararci pacifisti avrebbe fatto di noi degli assassini. Ma intanto i miei piccoli cipressi puntano dritti verso il cielo e finiranno con l'intenerire questi miei vicini duri di cuore. Conto di organizzare un gemellaggio con Napoli e una gara a base di pasta e fagioli, se il sindaco mi fornisce dei pentoloni che si usavano in guerra per rifocillare le truppe, che sarebbero così destinati ad un uso più faceto... (visualizza il post:"Tebby cane oriundo")

martedì, febbraio 20, 2007

NAPOLI CHE MUORE (33): La guerra dei cipressi

Ho fondato le brigate verdi! Sto vivendo in un Paese nella cui lingua conosco solo le parole "grazie" e "per favore", fedele agli insegnamenti di mia nonna che riteneva fossero le parole più importanti quando ci si reca all'estero. Ma non è sempre così. Qui se ringrazio mi guardano storto. Quando la solidarietà non è un sentimento che scaturisce dal cuore, ma un obbligo sociale legiferato, una sorta di impegno lavorativo, i ringraziamenti suonano come un'offesa, diciamo pure uno sfottò, e uno come me è costretto a reprimersi, a fare un breve cenno di assenso con la testa e un'espressione sulla faccia come a dire "hai fatto il tuo dovere". Finirà che a botta di reprimermi somatizzerò e mi verrà l'ulcera. Però la storia del cipresso non l'ho digerita ed ho contrattaccato. Ho comprato quattro cipressi più piccoli, li ho interrati nei vasi e li ho sistemati contro un muretto accanto al portone. Erano proprio carini, così allineati, erano una piccola promessa di un futuro migliore, oltre il baratro dell'odio. Ma dopo poche ore ne hanno sradicato uno e l'hanno gettato a terra. Alcuni amici mi hanno consigliato di rinunciare:"In questo quartiere abitano molte persone anziane con l'arterosclerosi che sono invidiose e fanno dispetti." Era un modo carino per stornare i miei sospetti di xenofobia. Ma è pur vero che qui sono molto longevi e la zona pullula di ultranovantenni.
Ed io comunque ho la capatosta. Ho reinterrato il piccolo cipresso e l'ho allineato con i suoi fratelli sotto la mia finestra al pianterreno. Chi vorrà fare loro del male dovrà scavalcare un muretto bene in vista sotto la luce stradale. Insomma, un ultranovantenne arterosclerotico non dovrebbe avere tutta questa agilità. O sì? Ho letto che in Italia un nipote ha congelato il nonno vecchietto per farlo risultare ancora vivo e incassarne la pensione di cui aveva la delega. Nel blog di Beppe Grillo invece un napoletano si lamenta del fatto che i giornali non abbiano scritto nulla su un intero quartiere abusivo che è stato abbattuto. Dico, un intero quartiere, non una catapecchia a Castelvorturno! Altro che arterosclerosi, scorre del genio nel sangue italico! Comunque la guerra è guerra e ognuno è guerrigliero a suo modo per un proprio interesse o ideale che dir si voglia. E se nel mio Paese inventano una nuova procedura di reversibilità di pensione, altro che pacs!, o riescono a costruire un intero quartiere senza licenza edilizia, io qui ho istituito le brigate verdi, una banda armata di cipressi.

giovedì, febbraio 15, 2007

NAPOLI CHE MUORE (32):Parole profetiche

Sarà che mi trovo all'estero, in un Paese bellissimo, dove vivono due bambini mezzosangue che adoro, e ho già subito due attacchi di xenofobia. Il primo costituito dal taglio di un piccolo cipresso che avevo interrato in un giardino abbandonato. Me lo hanno fatto trovare decapitato, con la cima poggiata a terra, e poi dopo due giorni l'hanno divelto e gettato oltre il recinto. L'altro è un invito a tornarmene nel mio Paese con la mia cultura non gradita, invito generato da una carta nautica che avevo trovato qui da un robivecchi e, dopo averla fatta incorniciare, avevo sistemato in un andito comune per ingentilirne l'aspetto carcerario.
Sarà che ci stanno arrivando da tutte le parti annunci di un'estate torrida che decimerà i più deboli, aggravata da possibili crisi energetiche, da punti di inquinamento senza ritorno, e dal dover ricorrere senza indugio a fonti di energie alternative che però non potranno coprire tutto il fabbisogno. E su Internet viaggia la notizia che si tratta solo di manovre politiche internazionali legate a enormi business, perchè ormai, nei Paesi evoluti le guerre si fanno così. Sarà che sono risorti dal letargo i brigatisti che vogliono sovvertire un ordine che non c'è, visto che ormai viaggiamo tutti nel caos e nel provvisorio. Sarà che m'è caduto lo sguardo sulla pagina d'un rotocalco che riporta le foto di due incredibili individui, nudi e fieri della loro prestanza, con le mani a coppa semichiusa poggiate maliziosamente sul sesso, e non è tanto la loro ostentazione, una riffa che avrà fruttato un bel po' di quattrini, quanto quella parte di società che impazza per tali esibizioni che trovo demoralizzante. E mi è piombata addosso una tristezza, un malessere che non sapevo definire, non sapevo se fosse paura o scoramento dovuto al fatto che, in barba a tutte le organizzazioni umanitarie su cui scarichiamo i nostri sensi di colpa, nessuno si preoccupa più di preparare un futuro vivibile per i bambini, forse perchè nessuno è più veramente in grado di farlo. Quando l'umanità degrada ad un tale livello di stupidità senti avvicinarsi il bollore gelido della rovina che può manifestarsi persino nella bellezza d'un fiore sbocciato anzitempo, un fiore innaturale, fiore abusivo. O nella vita che si spegne inesorabile, lanciando bagliori esibizionisti, come una stella che muore. E poi ho scoperto le parole che chiudono un articolo di Adriano Sofri, parole che spiegano con efficacia questo senso di perdita progressiva di una realtà conosciuta ma ormai troppo vecchia, questo annuncio di un ignoto che provoca smarrimento:"...E' come se una guerra mondiale fosse in corso anche dove per ora tacciono le armi, capace di inaridire le erbe senza aspettare l'inverno, e di anticipare il lutto per la Terra intera." Bisogna averlo conosciuto l'nferno per poterlo riconoscere. E queste parole, peraltro bellissime, suonano profetiche.

sabato, febbraio 10, 2007

NAPOLI CHE MUORE (31): Il tiri-tiri.

Non è vero, ma ci credo. E questa del tiri-tiri è una storia vera.

Il dottor Bellè, titolare d'una piccola casa farmaceutica specializzata in pomate omeopatiche, si è chiuso nel suo ufficio per meditare davanti a quella benedetta piantina poggiata sulla Bibbia, un breve virgulto grigiastro che spunta da un vasetto di plastica. Sta pensando che quel piccolo vegetale doveva risolvere la crisi della sua azienda, che ci voleva davvero poco a farne una sintesi in laboratorio. Il tiri-tiri cresce in una piccola zona del Mato-grosso, e gli indios credono che sia un dono degli dei, perchè strofinato sul pene ha effetti afrodisiaci.
Quando la guida, nell'hotel di Rio, l'aveva messo in guardia, lui, uomo d'azione e di risorse, nonchè laico convinto, aveva sorriso. "Dicono che non si può vendere perchè porta disgrazia." "Però hanno venduto." "Sì" "Quanto?" "Molto." aveva detto l'altro porgendogli la piantina "Guardi che ha bisogno di calore umido. E lei avrà anche noie con la dogana perchè non si può esportare." Il dottore aveva viaggiato con la bustina di plastica che conteneva il tiri-tiri infilata nelle mutande. Più caldo-umido di così. Era del resto il luogo cui era destinata una volta che i suoi chimici l'avessero trasformata in pomata. E lui era uomo d'azione e di risorse.
Bellè aveva ereditato l'azienda dal padre, un chimico creativo che aveva messo a punto una serie di pomate antinfiammatorie basate sul principio che "se non fa male fa bene", con le quali era riuscito a farsi un po' di spazio sul mercato nazionale. Adesso però i tempi erano cambiati, la concorrenza li stava soffocando. Ma Bellè era uomo d'azione e di risorse, e, nel consegnare il tiri-tiri ai suoi collaboratori, aveva detto:"Guagliò, non sapete quanto m'è costata 'sta piantina. E adesso datevi da fare se ci tenete a conservare il posto." E poi, tutto soddisfatto del proprio spirito imprenditoriale, se ne andato al circolo per pranzare. Ma mentre arrotolava, tra sole e mare, i primi spaghetti, il portatile aveva suonato. "Dottò venite, venite subito, è successo un guaio."

Sul tavolo del laboratorio, tutte le provette di vetro intorno alla piantina erano scoppiate.
"Dottò, è il tiri-tiri." "Non dite fesserie. Ci hanno mandato una partita di vetri difettosi. Aprite un altro scatolo."

E poi c'era stato l'incendio nel deposito. "Dottò è il tiri-tiri." "Ma quale tiri-tiri, questa è un'intimidazione camorristica. Io me ne fotto di questi fetienti." Bellè era uomo d'azione e di risorse:"Abbiamo l'assicurazione e aumenteremo la guardiania."

Ma quando era poi toccato a Margherita con la minaccia d'aborto la sua sicurezza aveva cominciato a vacillare. Anche perchè, mentre correva verso l'ospedale, s'era scontrato con uno che marciava contromano e gli aveva sfondato il muso della Porsche. Ed era stato a quel punto che aveva telefonato ad un amico biologo che lavorava nell'orto botanico.

"Un tiri-tiri? E' una rara varietà d'aloe. Come hai fatto a procurartela?"

Però dopo tre giorni il biologo aveva chiamato con la vose isterica:"Vieni a riprenderti 'sta cazzo di piantina. Qui stiamo passando un sacco di guai." "Distruggila." aveva sussurrato Bellè stoico e appena un po' rassegnato." "Ma sei pazzo? Proprio a me vuoi dare la responsabilità? Questa fa paura." E il corriere che gliela aveva riportata era caduto dal motorino.

Adesso Bellè, chiuso nel suo ufficio davanti a quello scomodo vegetale, si accinge a fare qualcosa che gli ripugna perchè lui è stato sempre uomo d'azione e di risorse, un serio imprenditore impegnato.
E' tutta colpa di Margherita che lo ha convinto a recarsi da quell'orribile mago, un essere disgustoso impaludato in un camicione rosa shocking, che gli ha consegnato la Bibbia e un grosso pezzo di tubo di piombo. E poi, con la sua voce melliflua ha decretato:"Nella Bibbia ci ho messo un segnalibro proprio nel punto in cui ci sta il salmo che dovete recitare mentre buttate la piantina a mare, dopo averla infilata bene nel tubo, mi raccomando, che dovrete battere col martello per non fare uscire tutte le energie negative, se no qualche povero guaglione di marinaio ci può andare di mezzo, voi capite. E mi raccomando anche che lo dovete fare al largo, molto al largo." E con quelle mani grassoccie e sudate ha fatto anche il gesto di scio-sciò. "E che Dio vi protegga. Fanno cinquemila euro, prego."
Bellè adesso sta telefonando al marinaio:"Gigì sto scendendo, prepara la barca." Non si è mai sentito così stupido e solo, così ridicolo e privo di risorse. Mannaggia a 'stu cazz'e tiri-tiri, sbuffa mentre corre con la moto sulla corsia preferenziale.

domenica, febbraio 04, 2007

NAPOLI CHE MUORE (30):Manicomio

L'ho già detto e non mi stancherò mai di ripeterlo. Stiamo vivendo in una società manicomiale all'interno della quale si dibatte sui sottoproblemi che scaturiscono dal problema primario.
Nessuno osa affrontarlo, e dovrà pur esserci una ragione! Occorre stabilire se questa cecità è mera malafede di comodo o se siamo davvero tutti diventati non vedenti. Anni fa lessi in un libro di psichiatria che gli ultimi ad accorgersi d'avere un malato di mente a casa sono i familiari.
Se abbiamo in casa uno che ragiona in modo distorto finiamo con l'assimilarlo, finiamo col diventare anche noi distorti. E in tal modo non siamo più in grado di aiutare lui e nemmeno noi stessi. Questo non è amore. Questa è pura vigliaccheria!
Stiamo vivendo in un mondo manicomiale distorto dalla droga che sta trasformando una massa di individui in individui pericolosi che hanno deciso di distruggere se stessi e gli altri. Perchè l'hanno deciso? Perchè? Perchèèèèèèè? E voi credete che se si mettessero in galera tutti i trafficanti, tutti gli spacciatori del mondo, questa richiesta di distruzione si estinguerebbe? E lo credete sul serio? Sono occorsi migliaia e migliaia d'anni per farci evolvere dallo stato di scimmie, ma basta poco, pochissimo per tornare indietro e fare la fine dei dinosauri.
I trafficanti approfittano dell'imbecillità umana. Ma ognuno è responsabile della propria imbecillità. Pace all'anima di quel poliziotto ucciso dall'imbecillità che dilaga su tutto il pianeta.